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Sin dall’antichità il Piemonte è stato fondamentale terra di passaggio dalle Alpi alla Pianura Padana: ciò spiega l’importante ruolo che Augusta Taurinorum continuò a esercitare, anche dopo l’epoca romana, quale punto nodale dei percorsi diretti ai passi alpini ma anche alla Terra Santa e a Roma, utilizzando le vie romane come la Fulvia verso Asti o la consolare verso Vercelli.
Nell’anno Mille i pellegrini percorrevano le direttrici principali della Via Francigena, dalla Valle d’Aosta attraverso il Canavese e dalla Val Susa, ma si ricongiungevano fra Santhià e Vercelli: fondazioni religiose come Santa Maria di Lucedio, nella pianura vercellese, godevano addirittura di esenzioni dal pedaggio per salire verso i valichi valsusini.
Citata già nel 333 d.C. dall’anonimo autore dell’Itinerarium burdigalense, l’area di Torino legata alla Via Francigena è individuabile nel cosiddetto Quadrilatero Romano, dove ebbe origine la Augusta Taurinorum dal caratteristico assetto urbanistico ancora oggi visibile: nei pressi della Porta Secusinasi contavano una dozzina tra hospitalia e xenodochia per l’accoglienza.
Si proseguiva quindi lungo il Po e si raggiungeva Chivasso: queste erano le terre del Marchesato Monferrino, che per alcuni secoli contese ai Savoia il controllo dell’itinerario. Da qui si aprivano terre di acque e paludi, oggi divenute risaie che si aprono sulla pianura di Vercelli.
Percorrere oggi questo tratto di Via Francigena significa attraversare un territorio ricco di testimonianze architettoniche e paesaggistiche, caratterizzato dalla regolarità geometrica dei campi prima e delle risaie poi, terre che testimoniano l’ingegno e la laboriosità dell’uomo.
Superato il Po all’altezza della Gran Madre di Dio, si cammina lungo la sponda destra del fiume, attraverso il Parco Michelotti e la Riserva Naturale del Meisino,e si prosegue fino a San Mauro Torinese, già nota in epoca romana come Pulchra Rada per la favorevole posizione su un tratto navigabile del Po. Nel 991 Anselmo di Monferrato promosse la ricostruzione dell’abbazia benedettina di San Mauro di Pulcherada, precedentemente distrutta dai saraceni: sorta su un preesistente insediamento romano, intorno a essa si sviluppò il nucleo abitato; la chiesa dell’abbazia, oggi dedicata a Santa Maria di Pulcherada e rimaneggiata nel tempo, conserva il campanile protogotico del XII secolo e una interessante abside carolingia con lesene e nicchie del X. Nel 1400, infine, l’abitato venne rinominato San Mauro, in onore del monaco benedettino che qui sostò durante il ritorno in Francia nel VI secolo.
Lungo il percorso si possono notare alcune interessanti cappelle campestri come la cinquecentesca Sant’Anna e la settecentesca San Rocco; si transita inoltre ai piedi del Castello di Sambuy, documentato sin dal 991 e legato alla permanenza di San Mauro; in questi luoghi, infine, era situata l’evocativa località Pedaggio Vecchio, punto di confine tra il marchesato monferrino e il ducato sabaudo.
Da San Mauro il percorso prosegue lungo il canale idroelettrico di Cimena, avvicinandosi alla collina e all’abitato di Castiglione Torinese sino all’incrocio con la strada per Chieri, nei pressi della Chiesa di San Claudio e San Dalmazzo (1951). La denominazione del comune deriva dalla presenza di un fortilizio dell’XI secolo, distrutto nel XVII da Carlo Emanuele I di Savoia e ricostruito poco dopo dai fratelli Turinetti, cui la Madama Reale Maria Cristina di Francia aveva concesso il feudo. Da segnalare la Chiesa di San Rocco (1720), piccolo gioiello barocco progettato dall’architetto Falletti di Barolo, al cui interno si trovano numerosi affreschi di autori sconosciuti e sulla cui cupola è rappresentata Maria Assunta in cielo accompagnata da una schiera di angeli. Interessante anche l’antica Chiesa di San Martino, intitolata al vescovo di Tours, nella cui abside semicircolare sono state rinvenute molte sepolture, tra cui quella attribuita a un personaggio maschile con corredo funebre di foggia longobarda.
Il percorso fino a Gassino Torinese è interamente in ambito urbano. Alcuni ritrovamenti archeologici fanno risalire il primo nucleo abitato all’epoca del fiorente sviluppo della città romana di Industria: questa e Augusta Taurinorum, infatti, erano collegate da una strada lungo la quale potrebbe essere sorto un castrum. Compreso nel territorio del Marchesato del Monferrato, sin dal 1003 Gassino fu dotato di cinta muraria e di un tipico impianto medioevale, ancora rilevabile nella struttura a portici del centro storico dominato dalla Chiesa della Confraternita dello Spirito Santo, a pianta circolare: edificata nel XVIII secolo, presenta una bella facciata barocca sormontata da una cupola molto alta, detta Cucurin, che ricorda quella coeva di Superga. La pieve più antica risale invece all’XI secolo: denominata oggi Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, è stata in parte ricostruita e restaurata nel Settecento ispirandosi allo stile del Guarini; all’interno sono da segnalare la splendida tela Madonna e santi titolari di Claudio Francesco Beaumont e, nella cappella laterale, quella della Visitazione, datata XVII secolo.
Il percorso prosegue con andamento tortuoso ancora lungo il canale, in direzione della Piana di San Raffaele, raggiunge la sponda destra del Po e ne segue il corso fino a superare il promontorio collinare di Cimena.
La nascita di San Raffaele Cimena, unione odierna di due località, è legata all’asse stradale romano che collegava Chivasso-Clavasium a Torino-Augusta Taurinorum: attorno a una cappelletta votiva dedicata a San Raffaele, costruita secondo la tradizione dalle truppe di Giustiniano, nacque nel VI secolo il primo nucleo abitato come presidio bizantino sulla pianura sottostante. Nel periodo alto medioevale gran parte del paese si trasferì verso la collina a causa delle incursioni di briganti e forse di Saraceni, costruendo anche muri di cinta e fossati: il borgo, sviluppatosi attorno a una fortezza, fu denominato San Raffaele, ma lungo la via per Chivasso rimasero alcuni presidi abitati che fornivano servizi a pellegrini e mercanti. Cimena, invece, potrebbe avere un’origine precedente a quella romana e nel 1596 figura come comune autonomo di una certa importanza, in quanto su una via di comunicazione frequentata e in una zona agricola molto favorevole. La Chiesa del Sacro Cuore di Gesù fu costruita negli anni ‘30 del Novecento in stile neogotico su disegni dell’architetto Bartolomeo Gallo e ampliata alla fine degli anni ‘60.
Superato l’abitato in direzione di Chivasso e attraversato il Bosco del Vaj, tutelato dal Parco Naturale della Collina Torinese, si arriva alla Chiesa di San Genesio, ricostruita in stile romanico dall’omonima cappella attestata al 1156: l’impianto attuale è un rifacimento di inizio Novecento, ma della fabbrica originaria restano l’abside centrale, quello sinistro e lo splendido campanile in muratura con monofore, bifore e trifore decorate ad archetti pensili.
Dal bivio per Castagneto Po si giunge infine alla rotonda da cui si imbocca il rettilineo che supera il ponte sul Po e porta al centro di Chivasso, l’antica Clavasium, da sempre importante mercato e centro commerciale strategico per la sua posizione sulla direttrice monferrina: l’ingresso in città è dominato dal quattrocentesco Duomo di Santa Maria Assunta, uno dei più importanti esempi di arte gotica piemontese dalla facciata riccamente decorata con fregi e sculture in cotto, che all’interno conserva una pala di Defendente Ferrari; del castello degli Aleramici del Marchesato di Monferrato non resta che la Torre Ottogonale, tra Piazza della Repubblica e Via Po. Sulla facciata dell’attuale Palazzo dell’Economia e del Lavoro “Luigi Einaudi” (nato probabilmente al 1600 come luogo di sosta per i militari di passaggio) è stato inserito un Orologio del tempo nuovo a ricordo della Rivoluzione Francese: il giorno è suddiviso in 10 ore, ogni ora in 100 minuti, ogni minuto in 100 secondi e le lancette effettuano un solo giro al giorno. In Piazza d’Armi svetta il Lapis Longus, monumento funerario in pietra del VII-VI secolo a.C. e alto circa 4 m, che nel 1649 fu trasformata in berlina per punire i debitori insolventi.